Il Verticalismo.
Da definizione, il Verticalismo, nel linguaggio della critica d’arte, è soprattutto in riferimento all’architettura, a quella tendenza compositiva che si basa sulla ricerca dello sviluppo verticale delle forme: ne sono esempi caratteristici l’arte gotica, spec. fuori d’Italia, e certe correnti dell’architettura moderna nelle quali gli elementi verticali delle strutture o delle membrature architettoniche prevalgono nell’insieme della composizione.
Nell’arte circense, invece, è la forma di equilibrismo più diffusa. Ovvero, quella magica capacità di stare in equilibrio sulle mani. Fra i primi artisti a distinguersi nella specialità come solista è Severus Scheffer. Negli anni quaranta diventa celebre Unus con la sua verticale “truccata” su di un solo dito, immediatamente seguito dall’italiano Gino Donati, equilibrista tenore in grado di cantare arie d’opera in verticale su di una mano, sopra un pianoforte a coda, e dai fratelli Ajuano e Ajuamado Merzari, che arricchiscono il repertorio grazie all’utilizzo di trampoli e altri attrezzi. Vanno ricordati anche Paolo e Marco Lordar che anno meglio adeguarsi alle evoluzioni dell’arte circense di fine secolo.
Agli anni novanta, invece, risale l’affermazione della scuola russa che vede il massimo esponente in Oleg Izossimov (non appartenente a nessuna famiglia circense) che, in costume da ballerino del Bolshoi, esegue complessi esercizi di equilibrismo su di una mano, accompagnato dalle note di una romanza cantata da Luciano Pavarotti. Il suo numero più famoso fu montato sulle note di Caruso in cui l’artista mostra al pubblico un’eccezionale serie di figure in verticale su un solo braccio caratterizzate da una pregevole pulizia stilistica che ritroviamo anche in un altro grandissimo esponente: Anatoly Zalewsky, artista e regista di circo considerato il Nureyev del verticalismo.
Anatoly Zalewsky è figlio di quella fucina di artisti che si chiama scuola del circo di Kiev, una perla che ha rubato un po’ di scintillio a quella che a lungo è stata la capitale incontrastata anche del circo sovietico, Mosca.
Anatoly è un equilibrista dal fisico asciutto, classe 1974, poco più di un metro e settanta per sessantotto chili di peso. Dopo averlo visto al Festival du Cirque de Demain del 1998 nessuno fra gli esperti della giuria nutre il minimo dubbio, la medaglia d’oro spetta a lui. Nell’ambiente del circo diventa subito un divo, ma anche all’esterno molti occhi sono puntati su di lui. Il Festival del Circo di Montecarlo, che non si fa sfuggire un talento, lo invita l’anno seguente e il pubblico lo guarda in estasi e alla fine scatta in una interminabile standing ovation. Vince il Clown d’Oro a soli 25 anni e il suo mentore è il regista russo Arkadi Poupone. Se Oleg Izossimov ha già portato notevole innovazioni nella disciplina austera e superba del verticalismo, è Zalewsky che la trasforma. Lui non si perde in arzigogoli e tecnicismi, non usa “protesi” complesse e non sfoggia colori sgargianti. Lui regala brividi solo con un nudo corpo (appena coperto con una maglia che entra ed esce, e pantaloni che scolpiscono, in rigoroso lino bianco) che canta sinuoso sulle note di una musica. Niente effetti speciali, eppure le figure che disegna sulla piattaforma rotonda salendo e scendendo sulle braccia, strisciando a terra, piegandosi e contorcendosi come un boa, ruotando o arrivando in spaccata, sono qualcosa di intenso e unico, pura ed eccelsa tecnica. Anche molto sensuale.
Il numero che lo fa esplodere nella considerazione del grande pubblico, oltre che della critica e degli esperti, s’intitola come il brano musicale che lo accompagna (di Grec Yanni): Il sogno di un uomo. Fa scuola, tanto che si afferma lo stile “alla Zalewsky” anche in altre discipline. Viene chiamato al Cirque du Soleil e in vari festival e programmi televisivi, a partire da quello che gli offre una notevole notorietà sul piccolo schermo, cioè lo show della televisione svizzera “Benissimo”, e in Italia partecipa anche a “Circo Massimo” e “Alle falde del Kilimagiaro”. Da regista crea lo spettacolo Rizoma che ottiene successo in tutta Europa e un suo numero premiato con la medaglia d’Oro al Festival di Parigi del 2004.